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Il caos dentro di sé e le stelline sul petto — della condizione di studenti modello

Sono tante le persone che fin dai primi tempi all’università sentono che qualcosa, nel loro approcciare successi e fallimenti accademici, non funziona. La maggioranza di queste, pur consapevoli che si tratti di un problema diffuso, ritiene che il problema sia il proprio, e lotta con certe voci interiori per l’intera durata dell’università e oltre.
In realtà, ci si rende conto molto presto che non sempre i successi e i fallimenti di una singola persona dipendono davvero solo da lei. Ciò nonostante, che a tormentarci sia una carriera universitaria fuoricorso o un inizio di carriera meno brillante delle nostre aspettative, in quei momenti si pensa che lasciare perdere sarebbe proprio un nostro fallimento — anche se restare, lo si percepisce, non sarebbe una soluzione in ogni caso, probabilmente per gli stessi motivi.
Tuttavia, pur nel suo sistema rotto, pur nel suo modo malato, l’accademia costella la vita di qualsiasi studente e ricercatore di potenziali stelline da appuntarsi al petto — il 30 sul libretto prima e il 110 sulla pergamena poi, l’accettazione da parte del proprio relatore di tesi, le borse di studio, il posto Erasmus, il lavoro part-time, il tutorato, la vacanza-studio, la certificazione, che diventano l’ammissione in dottorato o l’assegno di ricerca, la scuola…